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Questo indice glicemico…

La grande maggioranza dei glucidi abitualmente consumati dall’uomo sono glucidi complessi, composti essenzialmente da amido. Tutti questi amidi, per essere assorbiti e passare nella circolazione sanguigna, devono essere trasformati in glucosio. L’aumento della glicemia testimonia il livello di assorbimento del glucosio e, quindi, la digeribilità dell’amido. La scala degli indici glicemici serve a misurare questa ampiezza. L’osservazione ha dimostrato che per una stessa quantità di glucide, da un alimento all’altro, l’ampiezza glicemica post prandiale può essere molto diversa, poiché esiste nell’alimento una frazione di amido che resiste alla digestione, di conseguenza l’assorbimento può essere più o meno consistente. L’indice glicemico di un alimento amilaceo è funzione di diversi parametri: – Il rapporto amilosio-amilopectina Sottoposto a un riscaldamento eccessivo dell’acqua, la struttura dell’amido si modifica. I granuli di amido, idratandosi progressivamente, si gonfiano e una frazione di amilopectina passa nella soluzione poi, se il riscaldamento si prolunga, anche una frazione di amilosio passa nelle soluzione. È il fenomeno della gelatinizzazione dell’amido: più la proporzione di amilosio è bassa, maggiore è la gelatinizzazione, e viceversa. Si è potuto dimostrare che più un amido si gelatinizza (per via della sua ridotta percetuale di amilosio) più è facilmente idrolizzabile dalle alfa-amilasi (enzimi digestivi dell’amido), maggiore è la sua propensione a trasformarsi in glucosio e più la glicemia ha tendenza ad aumentare. In altri termini se un amido contiene una piccola percentuale di amilosio, il suo index glycémique sarà più alto. Al contrario, con una maggiore presenza di amiliosio la gelatinizzazione sarà inferiore, così come la trasformazione in glucosio, e l’indice glicemico sarà più basso. In questo modo si può facilmente desumere perchè la patata, che presenta una bassissima percentuale di amilosio, ha invece un indice glicemico alto. Le lenticchie, invece, con una percentuale di amilosio più alta, hanno un indice glicemico molto basso. – Il tipo di trattamento tecnico e chimico di cui è oggetto l’alimento L’idratazione e il calore aumentano l’indice glicemico di un alimento. La carota, per esempio, ha un indice glicemico pari a 20 quando è cruda. Non appena la si fa bollire in acqua, il suo indice glicemico sale a 50, per via della gelatinizzazione del suo amido. Alcuni processi industriali aumentano al massimo la gelatinizzazione. Ciò accade per esempio nella produzione dei fiocchi (purea di patate instantanea) o dei cornflake, ma anche dei leganti quali gli amidi modificati e gli amidi destrinizzati. – La «pastificazione» riduce l’indice glicemico L’estrusione della pasta attraverso una filiera porta a un riscaldamento che si traduce con la costituzione di una pellicola protettiva, che contribuisce a rallentare la gelatinizzazione degli amidi durante la cottura. Ma ciò che vale per gli spaghetti o per alcuni tipi di tagliatelle, che sono appunto «pastificati», ossia estrusi per effetto di un’elevata pressione, non si applica invece ai ravioli, alle lasagne o alla pasta fresca ritagliata con piccole macchine a mano e il cui indice glicemico è molto più alto, allorquando si tratta di prodotti che contengono la stessa farina di grano duro. – La retrogradazione: il processo inverso della gelatinizzazione Dopo essere stato oggetto di cottura, che provoca gelatinizzazione, l’amido si modifica nuovamente raffreddandosi. La prolungata conservazione a basse temperature (5°) di alimenti amilacei (piatti pronti sotto vuoto) agevola dunque la retrogradazione. Si ottiene lo stesso fenomeno lasciando seccare alcuni alimenti. Per esempio, più il pane è raffermo, più l’umidità si sposta verso l’esterno, agevolando così la retrogradazione dell’amido. Lo stesso accade quando si fa abbrustolire il pane. – Il contenuto di proteine e di fibre Per alcuni glucidi, il contenuto naturale di proteine può essere all’origine di una minima idrolizzazione (digestione) degli amidi, e di conseguenza di una riduzione dell’indice glicemico. Ciò accade in particolare nella famiglia dei cereali. Il contenuto di fibre alimentari di un amido può costituire una barriera contro l’azione delle amilasi, e ridurre così ulteriormente l’assorbimento di glucosio. – Il grado di maturazione e di invecchiamento I frutti amilacei aumentano il loro indice glicemico in funzione del loro grado di maturazione. Il fenomeno è particolarmente vero per la banana (molto meno per la mela). Una banana acerba (verde) avrà un indice glicemico piuttosto basso (circa 40), mentre al termine della sua maturazione l’indice sarà molto più alto (65), per via della trasformazione del suo amido che, via via che il frutto matura, diventa sempre meno resistente. – La dimensione delle particelle Quando un amilaceo è macinato, più le particelle di amido sono sottili, più l’idrolizzazione delle molecole di amido è favorita, il che comporta come conseguenza l’aumento dell’indice glicemico. Ciò è vero soprattutto per i cereali quando sono ridotti in farina. La farina di riso ha così un IG maggiore del riso originario. L’indice glicemico di un alimento è il risultato di numerosi parametri, di cui bisogna assolutamente tenere conto nelle nostre scelte nutrizionali.